- Giulio Romito
Holy Shrine of Imam Reza | Masshad, Iran
Dopo 6 giorni passati alla ricerca di una soluzione per i problemi di Kiddo (ci ritornerò su più avanti), ho proprio bisogno di una giornata in cui camminare, guardarmi intorno e distendere i nervi. Dalla casa del meccanico mi sposto in una stanza d'albergo. In Iran è consigliato non indossare i pantaloncini corti e, con il grasso e la polvere, l'unico paio di pantaloni lunghi che ho hanno cambiato colore e peso specifico, è il caso di comprarne un altro paio. Esco con questa intenzione, gironzolo intorno all'albergo e dopo due tentativi falliti in altrettanti negozi mi fermo a mangiare un panino volante, non ho più voglia di perdere altro tempo per lo shopping, che in generale odio. Con la pancia piena imbocco un po' di stradine a caso, quelle che per non si sa quale motivo mi attirano. Va sempre così quando viaggio, non cerco il monumento, non cerco il museo, voglio vedere la normalità, la vita di tutti i giorni. C'è però una cosa che non ho considerato oggi: qui, ora, c'è uno dei raduni musulmani più grandi e sentiti dell'intero Medio Oriente, la commemorazione dell'Imam Reza. Mi ritrovo a seguire il flusso della folla che diventa sempre più intenso, sino ad arrivare alle porte dell'Imam Reza Shrine, imponente complesso di moschee con una piazza centrale. Per entrare nella struttura ci sono dei controlli rigidissimi. Supero il primo ma non il secondo perché sono armato di macchina fotografica. L'unica soluzione sarebbe lasciare la macchina fotografica in alcune strutture create appositamente ma non ci penso proprio neanche un secondo a separarmene. Riprendo il cammino sfidando in senso contrario la corrente umana, che fatica! È in questo momento, però, che i visi di donne uomini e bambini di ogni età si annunciano. Nella mia testa fantastico sulla vita di ogni faccia che mi colpisce. Mi guardo intorno per capire se scattare qualche foto può essere problematico oppure no. Vedo diverse persone con macchine fotografiche al collo ed una distesa di cellulari che riprendono. Rompo gli indugi e porto il mirino all'occhio.
Ora sono in Italia, quei pantaloni sono ancora sporchi e queste sono le immagini di quel pomeriggio.
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